Penso alle mie origini. E mi vedo oltre modo avvezzo alle rocce a alle capre che le scalano piuttosto che alle strade e ai palazzi anneriti dal traffico. Folle roboanti hanno lasciato negli stagni dell’oblio il rumore della terra che si spezza sotto i colpi della zappa. Natura urbana se ne sta incasinata e violata dalle variazioni genetiche di ratti grandi e grossi come gatti maschi. Sul loro pelo ispido e umido scivola ogni giorno il mio bisogno di vivere spazi più ampi. Per esorcizzare un aberrazione continuo a scrivere di ciò. Da questo breve testo tratto dall’opera “L’esorcista” di Luca Piccolino, voglio introdurre l’artista Mario Marra e la sua opera “L’esorcista” olio su tela, acrilico e vernice su tela e carta, cm 170X55, 2010.
Nato a Cassino (Frosinone) nel 1981, intraprende sin dal liceo gli studi artistici, conseguendo la Laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Roma in pittura e l’abilitazione all’insegnamento nella stessa Accademia, elaborando la sua tesi di laurea sul “fotomontaggio e il collage nel suo ruolo sociale”. Un’ impronta di forte formazione accademica e manierista caratterizza la sua formazione artistica iniziale con un’attenzione e uno studio di grandi maestri quali Michelangelo e Pontormo. Altra importante impronta che si coniuga nella sua arte e fuoriesce dalle opere che ne sono fortemente intrise è il cinema, diventato una componente essenziale della vita quotidiana. Realizza decollage di manifesti strappati, davanti ai quali ci si domanda quanto ci sia di riconducibile a Mimmo Rotella o al mondo provocatorio degli artisti di protesta di strada. In questo caso le opere sono riproposte su tela, o direttamente su manifesti dipinti, assemblano una serie di immagini urbane catturate dal mondo dell’ immaginario collettivo della comunicazione, proposto dai media alla società contemporanea. Immagini prelevate e distrattamente assimilate che vengono snaturate e riformulate, ripresentate come opere d’arte che sollecitano lo spettatore verso una riflessione continua.
Quando l’artista dichiara di essere interessato a raccontare la condizione dell’uomo contemporaneo utilizzando immagini di scarto della società, non si può non ricondurre la sua arte al Dadaismo, al Ready Made e alla Pop Art compresa. Ma l’operazione di riciclaggio artistico è in questo caso consapevole e costruita, per niente casuale. Lo spettatore scopre guardando al suo interno, l’ironia di una denuncia sussurrata sulla formazione dell’informazione e del cinema, una riflessione pensata sul quotidiano.
Marra Salvatore